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Italia, una penisola di plastica

Lo scorso 8 Febbraio 2022 le camere hanno votato per modificare due articoli della Costituzione italiana in materia di Ambiente. Un passo importante che si sposa con l’attuazione della legge europea per cui da Gennaio 2022 è vietata la produzione di plastica monouso. Considerando che la sola Europa produce 58 milioni di tonnellate di plastica all’anno, il passo è molto importante e se proprio vogliamo, doveroso verso l’ambiente.

Plastica nel mondo, un po’ di dati

Si calcola che ogni anno si producano 450 milioni di tonnellate di plastica, usata nel 40 % per gli imballaggi, il 22% per beni di consumo e articoli casalinghi, 9% automobili e autocarri, 6 % per apparecchiature elettriche o elettroniche e, infine,  il 3% nell’agricoltura (3%). E dove finisce tutta questa plastica? Purtroppo “non finisce”, nel senso che la plastica per quanto possa essere ridotta a particelle infinitesimali rimane nell’ambiente per centinaia di anni, e non solo nell’ambiente, anche nel nostro corpo. Come? Attraverso il cibo che ingeriamo contaminato da microplastiche che ingeriscono i pesci ad esempio e non solo. Addirittura da uno studio dell’Università di Newcastle si è riscontrato che le microplastiche sono maggiormente presenti nell’acqua del rubinetto e in quelle in bottiglia, nel sale, nei molluschi, nella birra. E che ognuno di noi ingerisce ogni settimana 5 grammi di microplastica, cioè 2.000 frammenti, per un totale di 250 grammi all’anno. Addirittura le microplastiche sono state trovate nella placenta  in uno studio fatto a Roma, dove su 6 gravidanze, 4 presentavano microplastiche. E non solo, microplastiche sono state ritrovate anche nell’intestino dell’uomo e degli animali. Avere della plastica nel corpo non eliminabile tra l’altro, va da sé che tanto sano non possa essere. Le microplastiche possono essere rilevate dal sistema immunitario come elementi sconosciuti e dannosi e scatenare una reazione immunitaria aggressiva, anche autoimmunitaria, nonché potrebbe creare interferenze endocrine alterando le funzioni metaboliche, immunitarie, riproduttive, nervose, anche con effetti transgenerazionali.

L’isola della plastica nel Mediterraneo

Le isole di plastica sono tristemente note a tutti e molti sanno che sono principalmente nell’oceano Pacifico. Nel corso degli anni le correnti hanno permesso l’accumulo di vari rifiuti di plastica, talmente tanti che la più grande, la Great Pacific Garbage Patch arriva ormai ad un’estensione pari alla superficie della penisola iberica. Ma le isole di plastica sono ormai presenti un po’ ovunque, e anche nel Mediterraneo ve ne è una che si forma ciclicamente per via delle correnti ed è situata tra l’Isola d’Elba e la Corsica, è lunga decine di chilometri ed è composta da tonnellate e tonnellate di rifiuti. Insomma anche vicino alle coste italiane abbiamo anche noi la nostra piccola isola di plastica. Ed ovviamente c’è poco da andarne fieri. Con questo ritmo l’oceano rischia di diventare più “abitato” da plastica che da pesci, e non è un’esagerazione, è proprio quello che è risultato dagli studi  in base agli attuali trend, per cui ci si aspetta che nel 2050 ci saranno 895 milioni di tonnellate di pesce in mare e la quantità di plastica ammonterà ad almeno 937 milioni di tonnellate.

Gli animali marini e la plastica

L’habitat marino, per la presenza massiccia di plastica sia in grande formato che in microplastiche, è fortemente danneggiato. Non c’è pesce o animale marino che non ingoi parti di plastica finendo purtroppo spesso per morire soffocato. Ne sono di esempio balene, squali, ma anche i pesci di dimensioni inferiori e non ultimo tartarughe e granchi. Questi ultimi, per il biologo marino Phillip Cowie, dell’ Università di Glasgow, rappresentano gli animali sentinella che indicano la situazione del mare e del suo inquinamento. Ciò perché le microplastiche presenti nell’acqua e nel fondale vengono respirate dai granchi e accumulate all’interno delle branchie dalle quali non escono più. Così man mano i granchi peggiorano la loro capacità respiratoria e quando poi vengono pescati dagli uomini, questi ultimi finiscono per ingerire anche le microplastiche, ecco perché i granchi potrebbero essere degli indicatori viventi della salute del mare. Purtroppo oltre alle microplastiche vi sono anche oggetti di plastica voluminosi che finiscono nella pancia di pesci e tartarughe. Queste ultime, in particolare, sono spesso attirate dalle buste della spesa che in acqua sembrano meduse di cui loro vanno ghiotte. Le povere tartarughe finiscono così per riempirsi di plastica fino a morire per questo. Altri oggetti che vengono trovati all’interno delle pance di questi animali sono tappi e bottiglie, cannucce di succhi di frutta, reti delle lattine, reste dei pescatori usate per la coltivazione delle cozze e via dicendo.

Cosa possiamo fare noi

La plastica deve essere riciclata correttamente e sicuramente non gettata in mare, sulla spiaggia o per terra. Ma prima di tutto deve esserne limitato l’uso e ancora di più la produzione. Solo con il minor uso di questo materiale e la sua conseguenziale minor produzione potremo salvarci da, è il caso di dirlo, un mare di plastica! I nostri comportamenti quotidiani fanno la differenza. Per cui promuoviamo azioni virtuose per l’ambiente: usiamo la borraccia invece che bottiglie di plastica, non usiamo prodotti monouso, usiamo borse di tela e non di plastica, non usiamo cannucce o preferiamo quelle in ferro, in bambù o di carta, usiamo spazzolini da denti in bambù invece che di plastica, pettini di legno, come vedete la lista è lunga e possibile da attuare. E soprattutto diventiamo contagiosi con il nostro comportamento rispettoso della natura. Lo facciamo per l’ambiente, per noi, per i bambini, per il futuro di questa terra che da sempre ci regala i suoi spettacoli naturali e noi la ripaghiamo soffocandola. Possiamo farla respirare. Dobbiamo. Per cui ogni qual volta siete al mare o passeggiate nella natura o in città e vedete tre pezzi di plastica, raccoglieteli e buttati nella differenziata, fotografateli prima e mandate la foto ad altri tre amici spronandoli a fare lo stesso. Così anche loro raccoglieranno altri tre pezzi di plastica e inizieremo un circuito virtuoso. Una vera e propria educazione ambientale. Noi di N’Sea Yet facciamo così con l’iniziativa #Prendi3. Che aspetti ad unirti a noi?

Il cartone

Le tartarughe caretta-caretta sono tra quelle che più facilmente rimangono vittima della plastica. Sensibile alla loro sofferenza ho voluto creare un cartone animato educativo che racconta la disavventura di una piccola tartaruga appena nata che si fa strada tra i rifiuti in spiaggia per arrivare al mare per poi incontrare una medusa da mangiare, che medusa non è. Indovinate cosa è? Se siete state attenti, sapete rispondermi! Altrimenti…vedete il cartone e lo scoprirete! Spoiler: la storia finisce bene, cerchiamo di renderla reale!