Entro la fine del 2023 l’amministrazione comunale di Napoli dovrà investire 5 milioni e mezzo di euro stanziati dalla Città Metropolitana per la piantumazione di nuovi alberi lì dove, 10 anni fa, sono caduti o sradicati perché malati. E’ una bella, ottima notizia, per chi ritiene che il verde sia parte integrante dell’infrastruttura del tessuto urbano e non semplicemente un abbellimento ornamentale della città. Ma il punto è proprio questo: quali sono i presupposti e le competenze dietro alla messa in atto della riforestazione di strade e aree verdi di Napoli?
Alla luce delle frequenti e scellerate capitozzature e, come è accaduto nella zona di Posillipo, all’abbattimento totale degli arbusti perché malati o ritenuti pericolosi all’incolumità dei passanti, ci siamo chiesti quali siano e se esistano delle linee guida nelle scelte delle istituzioni locali per le quali, da sempre, è più semplice “tagliare” (spesso anche in modo errato) piuttosto che manutenere il verde cittadino in modo costante. Ma perché?
Lo abbiamo chiesto a Roberto Braibanti, Manager presso lo European Institute for Innovation and Sustainability di Roma e Presidente di GEA ETS, associazione attiva nella divulgazione di tematiche ambientali da un punto di vista scientifico, grazie al contributo degli esperti che ne fanno parte.
Attesa per l’approvazione del regolamento del verde urbano di Napoli
“La buona notizia – ci anticipa Roberto Braibanti – è che la nuova amministrazione comunale di Napoli approverà una regolamentazione sulla manutenzione del verde urbano”. “Ci troviamo di fronte ad un patrimonio arboreo di circa 20mila alberi in città – continua Braibanti – e sarebbe necessaria una programmazione che molto spesso viene a mancare”. “Napoli è una delle poche città metropolitane d’Italia a non avere un regolamento del verde – spiega. – Assieme ad esperti di altre associazioni di settore, per circa 3 mesi, abbiamo redatto un documento con delle linee guida e poi consegnato, in forma gratuita, alla precedente amministrazione De Magistris ma non è stato mai preso in considerazione”. A mostrare, invece, segni di interesse all’argomento è l’amministrazione in carica che sembra abbia già ritoccato alcuni punti della proposta e messo in agenda l’approvazione del regolamento in Consiglio Comunale. Un momento atteso per l’anno prossimo. “Con questo regolamento – continua fiducioso – ci sono delle linee guida da seguire per una corretta manutenzione arborea”. Regole che vanno a disciplinare l’anarchia degli ultimi 30 anni sul tema del verde cittadino.
Come dare più valore alle città attraverso gli alberi
Finora le azioni di tutela e manutenzione sono state affidate a ditte inesperte e senza indicazioni ben precise. Una scelta che denota la grande falla culturale del nostro Paese, in particolare al sud, dove l’albero è considerato solo un ornamento urbano e non un’infrastruttura verde con le sue importantissime funzionalità eco-sistemiche. Qualche esempio?
In primis, la capacità degli alberi di emettere ossigeno, attraverso il processo della fotosintesi, e ripulire l’aria da agenti inquinanti. “Con il serio problema dell’elevata circolazione di anidride carbonica dovuta al riscaldamento climatico – spiega Roberto Braibanti – gli alberi sono la risposta più semplice e più a basso costo per togliere CO2 dall’atmosfera”. Ma non è tutto: le foglie degli alberi sono in grado di captare agenti inquinanti, esponendo così l’uomo ad un minor rischio di malattie dovute a smog e polveri sottili.
“Si pensi anche alla capacità degli alberi di ridurre la temperatura del suolo durante l’estate – continua il Presidente di GEA ETS. – Una strada alberata nei mesi più caldi arriva ad avere almeno 7° in meno di un’altra esposta completamente al sole”. Un dato che dovrebbe farci riflettere dopo i primi segni tangibili del climate change di un’estate rovente come quella che abbiamo lasciato alle nostre spalle. “Altra azione straordinaria – aggiunge – è quella delle radici degli alberi in grado da un lato di ridurre il rischio idrogeologico, e dall’altro di filtrare l’acqua con un’azione depuratrice del terreno e della falda acquifera”.
Su quest’ultimo punto, basti pensare ai recenti episodi di allagamento in città come quello a largo Sermoneta, zona Chiaia, in occasione delle ultime piogge torrenziali. “Con i primi effetti del cambiamento climatico dove lunghi periodi di siccità si alternano a momenti di piogge intense e anomale, e’ opportuno creare dei rain garden: alla solita fossetta in cui viene piantato l’albero, si sostituisce un’area più ampia di forma rettangolare, posta ad un livello sottostante rispetto a quello stradale, in modo da far confluire l’acqua piovana nell’area sottoposta dove si trova l’albero”. 3 i vantaggi di questo semplice progetto: l’acqua non si riverserà in strada e/o nelle fogne perché assorbita dal terreno, aumenterà la permeabilità del suolo e gli alberi, avendo più terreno a disposizione, trovano un rimedio naturale per incamerare più acqua. Oggi, invece, gli alberi sono soffocati da strati e strati di cemento.
Riuscite a percepire tutti questi benefici e pensare che siano semplicemente a costo zero?
Chiedere più alberi per ridurre l’impatto dell’inquinamento nella nostra città, dovrebbe essere urlato a gran voce in tutte le piazze! Il gap culturale e il vuoto normativo che induce cittadini e amministrazioni a considerare un arbusto solo in base all’aspetto ornamentale, alla pari di una panchina, e non alle sue funzioni eco-sistemiche deve essere colmato quanto prima. Il senso di “inferiorità” che i Sapiens attribuiscono a tutto ciò che non rientra nella sfera “umana”, purtroppo è diffuso ma basterebbe poco per sfatare questo falso mito. Ecco un esempio.
“Gli alberi sono su questo Pianeta da 400mila anni, l’uomo solo da 20mila – ironizza Brainbati e poi continua – circa il 98% delle specie sulla terra sono vegetali, appena lo 0,2% invece è composto da animali. Sarebbe ora di comprendere quanto sia evoluto il mondo vegetale e apprendere da esso”.
La situazione attuale degli alberi a Napoli e azioni in corso
Esperti di tematiche ambientali ce la mettono tutta per sensibilizzare le istituzioni locali ma spesso si scontrano anche con il limite finanziario. Sono stanziati budget sempre più esigui per interventi, spesso non programmati, che non possono essere classificati di manutenzione ma di distruzione degli arbusti, lavori per lo più affidati a ditte poco esperte in materia di botanica che creano molto spesso danni irreparabili all’arbusto, fino a farlo ammalare e quindi ad abbatterlo. Lo scempio di via Posillipo, a Napoli, né è la prova. “Nel dopoguerra, tra gli anni ‘40 e anni ‘50 a Posillipo, sono stati piantati tanti Pinus pinea, in linea alla “moda” dell’epoca perché quando manca una cultura agronomica le amministrazioni scelgono alberi “di tendenza”, come oggi va di moda il leccio – ironizza – ma è sbagliato utilizzare un’unica specie perché annulla la biodiversità e se si verifica una parassitosi, come è accaduto a Posillipo, muoiono tutti gli alberi”. In assenza di una manutenzione programmata da esperti, nel corso degli ultimi 30 anni, gli arbusti sono stati tagliati (non potati, che è diverso!) in modo sbagliato perché non sono stati eliminati solo rami ma i tronchi (branche) portanti dell’albero. Dei veri scempi, quindi, che hanno dato il via libera al formarsi di funghi lentamente lo hanno ucciso. L’innalzamento delle temperature degli ultimi anni, inoltre, ha contribuito alla proliferazione di parassiti che di fatto hanno infestato gran parte dei pini. Purtroppo quelli non ancora abbattuti, sono già malati.
Nonostante l’opinione pubblica partenopea non abbia accolto di buon grado quello che è diventato un vero “cimitero” degli alberi tagliati a Posillipo, sembra che le amministrazioni non abbiano appreso abbastanza da questa brutta esperienza. Seppur in modo meno invasivo rispetto a prima, tutt’ora si continua a potare gli alberi in modo sbagliato e a prediligere una piantumazione mono-specie, provocando molto spesso effetti contrari a quelli desiderati. Alberi deboli e sofferenti che, per mancanza di fondi e professionalità, non cura più nessuno. Situazione che oggi, più di ieri, fa sì che gli arbusti diventino dei pericoli all’incolumità dei cittadini, soprattutto in condizioni meteo avverse.
Nel frattempo, seppur ci sia un dibattito ancora acceso tra Comune e Sovrintendenza delle Belle Arti sul piano di riforestazione delle strade di Posillipo, nel resto della città, grazie ai 5 milioni e mezzo di euro stanziati dalla Città Metropolitana, si stanno sostituendo e piantando nuovi alberi proprio dove prima ce n’era già uno. Adottando il criterio della specie su specie, che consiste nella piantumazione del tipo di albero che c’era prima, il rischio è di realizzare filari di alberi mono-specie che, come spiegato da Braibanti, azzera la biodiversità e, in caso di attacco di parassiti, la probabilità che si ammalino tutti è molto alta.
Insomma, piantare nuovi alberi non basta a rendere la città più green. Oltre ad una maggior rispetto e cura del verde urbano da parte della cittadinanza, a nostro avviso urge maggiore conoscenza e competenza all’interno dei palazzi delle amministrazioni.
Oltre al piano di riforestazione, che ne è della programmazione della manutenzione di questi nuovi arbusti che verranno piantati? Per piantare un albero ci vogliono 10 minuti, la manutenzione invece dura tutta la vita di un albero e la parte più delicata è nei primi 4 anni di vita quando, soprattutto nei mesi più caldi, vanno innaffiati una volta a settimana.
Se non si segue un programma di lungo termine, il risultato della piantumazione dei nuovi alberi sarà l’ennesimo dispendio economico destinato a durare poco: giusto il tempo di “abbellire” qualche strada, qualche piazza in modo temporaneo, e poi finire, dopo qualche anno, di abbattere qualche fusto per motivi di sicurezza alla viabilità. Una storia già nota alle pagine di cronaca della nostra città che mai potrà dimenticare momenti fatali di qualche tempo fa, sfociati in vere tragedie. Non possiamo più permetterlo! Mai più. Fare più spazio al verde urbano e ridurre la cementificazione di piazze e aree di aggregazione, non deve più essere sinonimo di approssimazione e improvvisazione ma piena conoscenza e attuazione della materia.