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Apicoltura e alberi da frutto antichi per la tutela della biodiversità

La salvaguardia delle api deve partire dal mantenimento di un ambiente sano e quanto più naturale possibile, privo di pesticidi, agenti chimici, sostanze inquinanti che di fatti riducono quella loro straordinaria capacità di percepire il profumo dei fiori a più di 1 km di distanza con gravi conseguenze sulla mancata impollinazione. Come si sa, le api sono delle vere sentinelle biologiche dell’inquinamento ambientale e allo stesso tempo forniscono un enorme contributo al mantenimento dell’equilibrio della biodiversità e della vita stessa di specie vegetali.

E sul punto, non si può fare a meno di ricordare la nota citazione di Albert Einstein, (purtroppo) oggi più attuale che mai: “Se le api scomparissero dalla Terra, per l’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”.

Foto di Oasi Apistica Le Buche

Se è vero che dobbiamo sentirci tutti responsabili ogni giorno, con le nostre azioni e stili di vita, alla salvaguardia delle api, c’è chi in prima linea fa il possibile per tutelarle, preservando un ambiente quanto più naturale possibile. Parliamo dell’Associazione Oasi Apistica Le Buche  di Poggio a Caiano, provincia di Prato, che dal 2001  porta avanti due progetti ambiziosi in un’area naturale che può definirsi davvero un’oasi.

I progetti portano la firma dell’ormai scoparso fondatore dell’associazione, Giuseppe Pennati che, in collaborazione con l’istituto Agronomico per l’Oltremare, si era prefissato l’obiettivo di portare avanti la tradizione della coltivazione di alberi da frutto antichi. Oltre a questo impegno, anche quello dell’apicoltura che fa tutt’ora dell’associazione un punto di riferimento per chi vuole avvicinarsi all’affascinante mondo delle api. Abbiamo incontrato Andrea Campani, attuale Presidente dell’associazione Oasi Apistica Le Buche, e da sempre un grande appassionato di botanica.

Più di 2 ettari di terreno, oltre 450 alberi da frutta, 5 arnie, tante ma tante piantine pronte ad essere messe a dimora negli orti o nel frutteto, e un antico casale in pietra dove vengono stivati tutti gli attrezzi per la manutenzione.

Le attività legate all’apicoltura

Quando chiedo ad Andrea di spiegarmi in cosa consistono le loro attività con le api, lui sorride aggiungendo che “le api danno poco fa fare, fanno tutto da sole!“. Ma la dedizione dei soci nella tutela delle arnie è lodevole. Nei mesi più freddi, ad esempio, Andrea ci spiega che è importante controllare le scorte di cibo nell’alveare e quando non è abbastanza, i soci più esperti rifocillano le celle con del loro miele residuo della stagione precedente. Oltre al comportamento delle api che popolano l’arnia, è bene verificare anche lo stato di salute dell’ape regina da cui dipende l’intera vita dell’alveare stesso.

Tante attenzioni che, fatte con le dovute conoscenze del settore, permettono le api di vivere in modo sano.”Abbiamo anche un esperto che periodicamente effettua dei controlli” ci spiega, ma si sa che in natura l’imprevisto è dietro l’angolo. “Avevamo 7 arnie ma 3 sono andate perse a causa di una malattia che ha intaccato gli alveari – continua – e di cui non ci siamo accorti prima“.

Andrea ci parla della varroa, una delle minacce più comuni per la salute delle api che vengono colpite da acari che oltre a nutrirsi di api, sono anche causa di malattie che portano poi alla loro morte. Il cambiamento climatico e il surriscaldamento globale ha aumentato la diffusione di questi acari nocivi e dannosi per gli alveari, compromettendo così la laboriosa vita delle api che rappresentano invece una grande risorsa per la vita sulla terra.

Per fronteggiare queste minacce, oltre all’urgenza con cui è necessario intervenire per cambiare il trend negativo in corso, è opportuno diffondere la conoscenza del complesso e fragile mondo delle api da cui dipende il mantenimento dell’equilibrio della biodiversità. Ed è per questo che Andrea ci parla del progetto di una scuola di apicoltura in collaborazione con esperti.

L’obiettivo – ci spiega – è di partire l’anno prossimo e sarà rivolta a chiunque: appassionati di apicoltura o chi voglia avvicinarsi per la prima volta a questa attività“. In linea ai corsi da loro già organizzati anni fa prima dell’emergenza Covid, ci sarà una parte teorica e una pratica dove ai partecipanti viene spiegata e illustrata anche la struttura “organizzativa” all’interno dell’alveare.

Poste in un contesto privo di pesticida e agenti chimici, le arnie attualmente attive producono un miele millefiori naturale al 100% molto apprezzato dai residenti che ogni anno si affrettano ad acquistare un vasetto! La salubrità e genuinità dell’area a quanto pare è stata apprezzata anche da nuove api che, pian piano, alla fine hanno deciso di stanziarsi lì. Infatti, proprio poco dopo la mia visita all’oasi, è stato ritrovato un alveare sotto uno dei grossi alberi del frutteto. Con l’ aiuto di esperti, l’Associazione Apistica Oasi Le Buche ha messo in sicurezza l’alveare all’interno di un’arnia libera e dopo quasi un mesetto da allora, le api sembrano aver gradito il nuovo confortevole alloggio! Ecco che da 4 arnie ora l’oasi ne ospita 5 con la speranza di vederne sempre di più! Qui trovate il video del recupero dello sciame di api presso una delle arnie.

La coltivazione di frutti antichi

Il merito dell’iniziativa di non perdere la coltura di frutti antichi – ci spiega- va a Giuseppe Pennati, fondatore dell’Oasi, scomparso precocemente, che, con l’aiuto di esperti, si è messo alla ricerca di frutti e ortaggi dimenticati con lo scopo di riprodurre la biodiversità che ha caratterizzato il nostro territorio sin dal 1400/1500“.

Infatti dopo uno studio minuzioso e accurato di alcuni dipinti esposti nelle sale dell’incantevole villa Medicea di Poggio a Caiano, a 2 passi dall’oasi, raffiguranti natura morta o paesaggi naturali, è emersa un’ampia varietà di frutta ad oggi quasi del tutto scomparsa nella produzione su larga scala. Un esempio? La pera giugnolina, che prende il nome dal mese della sua maturazione appunto. È di piccole dimensioni ed era già nota secoli fa alla famiglia Dei Medici. “Le sue caratteristiche sono simili ad una riproduzione su tela esposta nella villa Medicea di Poggio – spiega – e noi qui, dopo secoli, abbiamo ancora degli alberi che la producono“.

Tante le varietà di pera menzionate da Andrea, a cui si aggiungono mele cotogne, susino coscia di monaca, pesca poppa di monaca e altro ancora. Tutti frutti poco conosciuti e inesistenti nella grande distribuzione, che rappresentano invece delle vere ricchezze di biodiversità per l’oasi.

Il cocomero moscatello– spiega, illustrandomi le piantine appena germogliate dai semi – è di circa 4/5 kg, il colore della polpa è gialla, dolce e leggermente profumata. Date le sue ridotte dimensioni rispetto al cocomero più comune, non lo coltiva più nessuno se non pochi appassionati. Ma noi proviamo ogni anno a farlo nel rispetto della tradizione di questo frutto che abbiamo ritrovato anche nel pistoiese“.

Storia a sé invece quella del pomodoro borsa di montoneriscoperto negli ultimi anni, di grandi dimensioni, con striature rosse e gialle.- e poi continua – Era quasi scomparso per problemi legati alla sua conservazione perché va utilizzato poco dopo la raccolta altrimenti perde le sue proprietà“. Fortunatamente il recupero dei semi è stato possibile grazie ad una piccola coltura nella valle del Bisenzio, a Prato.

Sì perché, nel pieno rispetto dell’economia circolare dove nulla si getta ma tutto si…riutilizza, i soci dell’Oasi Apistica Le Buche di anno in anno estraggono i semi dei frutti antichi in modo da conservarli e piantarli al momento giusto!

Tutelare un’area di quasi 2 ettari con oltre 600 alberi e piante non è affatto semplice, non solo per l’estensione ma soprattutto per le “cure” (e le spese) che questi alberi richiedono. Lungi dall’essere un’azienda agricola, l’associazione non dispone sempre di risorse a sufficienza per produrre una cospicua quantità di frutta e ortaggi.

Andrea ci spiega che assieme ad altri 4 soci, 3 volte la settimana, si occupano attivamente della manutenzione, irrigazione e tutte le mansioni che un frutteto (con annessi orti) necessita. Ma non si riesce a curarlo interamente. Infatti gli scarsi quantitativi di frutta e ortaggi raccolti dagli alberi e dai piccoli campi, vengono a malapena distribuiti tra loro. Uniti dalla sola passione per la botanica, il loro intento è legato alla riproduzione delle piante più che alla raccolta dei frutti ad uso personale.

La passione con la quale i soci dell’Oasi Apistica Le Buche isi prendono cura dell’area e il loro impegno per la tutela della biodiversità, sono molto apprezzate anche dalle scuole della zona che periodicamente portano alunni grandi e piccini in visita all’oasi per attività extra didattiche.