In Italia il 6% ed il 15% della popolazione vive in territori esposti ad una siccità severa o estrema. Per almeno tre milioni e mezzo di italiani, l’acqua dal rubinetto non può più essere data per scontata.
Non è la sceneggiatura di un film apocalittico. È l’allarme lanciato dal Consiglio nazionale delle ricerche di fronte a temperature sempre più miti, livelli di fiumi e laghi al di sotto della soglia, scarse precipitazioni. Secondo Legambiente, con un calo del 53% del manto nevoso sull’arco alpino , il Po presenta un deficit del 61%. E la situazione non va meglio nell’area centro-meridionale della nostra Penisola. Il grido d’allarme dal comparto agro-alimentare e’ forte. La Coldiretti, gia’ preoccupata per una perdita di 6 miliardi a causa della siccita’ lo scorso anno, ha rilevato come la coltivazione di riso finora sia al minimo storico degli ultimi 30 anni.
A livello globale, i dati non sono rassicuranti. Stando alle previsioni, se l’assenza di piogge cotinuera’ fino a maggio per il sesto anno di fila, si tratterà della più grave e lunga siccità degli ultimi 40 anni.
In Italia, la crisi idrica a livello politico e mediatico viene ancora affrontata come emergenza dove la soluzione più rapida è razionare l’acqua, un intervento di breve periodo con pochissimi effetti a lungo termine. Esperti e ambientalisti invece implorano i governi locali e internazionali a spingere l’acceleratore su politiche di cambiamento, adattamento e mitigazione.
Qualche esempio? Lo abbiamo chiesto ad esperti che da tempo studiano attentamente le conseguenze del cambiamento climatico in atto, tra cui la crisi idrica.
L’agricoltura di precisione e Osservatori per ottimizzare il consumo d’acqua
Il Prof. Ing. Nunzio Romano, Docente presso il Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, da sempre molto sensibile al tema delle risorse idriche e del ciclo idrologico, ci pone subito in evidenza come il comparto agro-alimentare sia il principale consumatore dell’oro blu. Basti pensare che il 70% delle risorse idriche sono destinate all’uso agricolo, il 20% a quello industriale e il 10% ad uso abitativo.
Ma negli ultimi anni, lo scenario è molto preoccupante. Il sovra-sfruttamento dell’acqua ha aggravato la carenza idrica già messa in ginocchio dalla siccità, con delle notevoli ripercussioni anche sull’economia. “Minori piogge – spiega il Prof. Romano – riducono la produzione agricola con evidenti risvolti sull’economia, evidenti già oggi”. Oggi, ancora più di prima, le attività del Dipartimento di Agraria dell’ateneo Federiciano sono focalizzate sulla vulnerabilità e resilienza del territorio agro-forestale.
Sul punto, il Prof. Romano ci riferisce che l’ateneo è soggetto attuatore di un importante progetto del PNRR, Agri tech (Centro Nazionale per le Tecnologie dell’Agricoltura), favorevole all’utilizzo di tecnologie per uno sviluppo sostenibile delle produzioni agro-alimentari e con l’obiettivo di favorire l’adattamento ai cambiamenti climatici, riducendo cosi’ gli impatti sul settore e l’utilizzo di sostanze chimiche e pesticidi che contribuiscono al degrado della risorsa idrica e ambientale.
Partito a settembre 2022, il progetto Agri tech ha già prodotto i primi white paper finalizzati non solo alla divulgazione scientifica ma anche alla consultazione e attuazione da parte delle imprese del comparto agro-alimentare. Coordinando un gruppo di ricerca di Ateneo nel settore di Ingegneria Agraria, il Prof. Romano pone i riflettori su come le più recenti tecnologie riescano ad ottimizzare l’utilizzo delle risorse idriche per usi irrigui e agricoli, andando così verso la direzione di un’agricoltura di precisione. Dati satellitari o rilevati tramite droni, per esempio, sono in grado di fornire a consorzi agrari ed enti di gestione dell’irrigazione, i momenti più favorevoli per irrigare i campi in modo da ridurre il sovra-sfruttamento idrico, soprattutto dalle falde sotterranee. Inoltre, considerando che ogni suolo e ogni coltura richiede una quantità ottimale d’acqua per lo sviluppo delle piante, il Prof. Romano ci parla di tecniche in grado di adattare un diverso approvvigionamento idrico a seconda dei tipi di suoli e vegetazione. L’agricoltura di precisione, ci spiega, va ad individuare proprio strategie di adattamento ai cambiamenti climatici, nel tentativo di ridurre quanto più possibile gli impatti negativi che questi arrecano.
Il Prof. Romano è anche Responsabile del primo Osservatorio Agro-ambientale in Italia, con attività iniziate circa 20 anni orsononel bacino idrografico del fiume Alento nella zona del Cilento, ancora prima che la siccita’ diventasse una realta’ anche in Italia. Dotato dal 2016 anche di sensoristica molto avanzata, l’Osservatorio offre oggi un monitoraggio integrato della situazione attuale del territorio dal punto di vista idrico e dei possibili scenari futuri relativamente alle precipitazioni e all’andamento delle temperature. Con i dati raccolti, il team di esperti mette in atto strategie e piani d’azione al servizio di enti e consorzi locali attivi nel settore idrologico e agro-forestale, sfruttando al meglio le risorse idriche disponibili e preservando quelle in eccesso. Disporre di proiezioni future attendibili sull’andamento idrico di un territorio grazie al monitoraggio integrato offerto dagli Osservatori, è quanto si sta diffondendo anche in altri paesi d’Europa proprio a dimostrazione di come, di fronte al tema della siccità, l’intera area continentale europea è a rischio.
La ricchezza delle acque reflue in agricoltura
E se da un lato l’avanzare della siccità ha alzato il livello di allerta nel settore agricolo che, grazie alla testimonianza del Prof. Romano, abbiamo visto essere sempre più sensibile all’individuazione di tecniche e soluzioni ad un utilizzo più efficiente e moderato della risorsa idrica, dall’altro si devono attuare con urgenza tecniche di recupero delle acque marginali. “Le acque reflue depurate – continua– già contengono sostanze nutritive per i terreni agricoli che, se usate per l’irrigazione dei campi, ridurrebbero così l’utilizzo di fertilizzanti chimici”.
Anche se qualcuno potrebbe storcerebbe il naso all’idea che frutta e verdura portata in tavola possa essere coltivata ri-utilizzando le acque smaltite ogni giorno dalle nostre abitazioni e depurate attraverso un processo specifico, gli esperti ritengono sia invece una soluzione più che valida per un corretto riciclo dell’acqua che, diversamente, si disperderebbe in mare.
L’utilizzo di ammendanti come compost, bio-char e polimeri super assorbenti (ottenuti da fonti vegetali) sono altre tecniche ritenute molto valide dal gruppo di lavoro di Ingegneria Agraria gestito dal Prof. Romano, in grado di migliorare la capacità di ritenzione idrica di suoli molto aridi o che hanno difficoltà a trasferire acqua verso le radici delle piante.
L’ottimizzazione dell’uso dell’acqua in agricoltura è una realtà già in corso. La filiera agro-alimentare insomma ha fatto passi da gigante nell’ultimo decennio ma la velocità con cui si manifestano gli effetti dovuti al cambiamento climatico, richiede ulteriori ed urgenti strategie di adattamento.
Politiche di adattamento per fronteggiare la crisi idrica
Per Marco Merola, Giornalista e divulgatore scientifico, “l’adattamento al mondo che abbiamo contribuito a costruire, come genere umano, è una strategia necessaria per poter convivere con i cambiamenti che noi stessi abbiamo prodotto”. “In un primo momento – continua – si è pensato che la sola mitigazione delle emissioni di Co2 potesse essere sufficiente ma i tempi si sono rivelati inadatti per consentirci una vita dignitosa, nel prossimo futuro, sul Pianeta. Non solo siamo in ritardo di anni per tornare ad un livello di emissioni pre-industriale ma siamo andati oltre i limiti consentiti”.
Dopo aver girato il mondo in qualità di contributor del National Geographic per 20 anni, negli ultimi 6 ha puntato i riflettori sul tema della crisi climatica, con un taglio giornalistico diverso da quello emergenzialista utilizzato da gran parte dei media. “Parlare di adattamento come forma di reazione alla situazione climatica in corso – spiega – la messa in campo di progetti, strategie virtuose e buone pratiche, mi sembrava molto più interessante dal punto di vista giornalistico e divulgativo”. Da qui nasce il webdoc Adaptation www.adaptation.it con un focus anche su alcune aree italiane.
Rispetto al problema della carenza idrica, a cui è direttamente collegata la crisi della scarsità delle precipitazioni e al fatto che “piove male”, “dovremmo intanto cambiare le nostre abitudini alimentari – continua Merola – per andare incontro alle esigenze di un’agricoltura che sta già cambiando a causa della forte siccità”. Basti pensare alla riduzione di produzione di mais, una delle specie in natura che richiede più acqua, così come il riso italiano che quest’anno, ci spiega, avrà una riduzione della produzione del 60-70%. In Calabria fa talmente caldo che la produzione di agrumi ha lasciato spazio a coltivazioni di frutti tropicali, come kiwi, papaia, avocado che richiedono molta acqua quindi molti agricoltori, per far fronte alla carenza d’acqua degli ultimi anni, stanno pensando di tornare indietro. “Questo è quello che intendo per adattamento – sottolinea Merola – doversi necessariamente sagomare a seconda della situazione che si viene a creare, tanto in agricoltura, quanto nell’uso dell’acqua, nelle abitudini quotidiane, nella gestione delle città e delle montagne dove, a tutti i costi, pur di non svilire l’industria del turismo invernale, si è disposti a cospargere di neve artificiale le aree degli impianti sciistici senza preoccuparsi, piuttosto, di mettere in atto una strategia di lungo periodo per far fronte al problema della carenza di neve”.
È chiaro che la spinta alle buone pratiche deve essere fornita anche dalle politiche locali che al momento, in Italia, sembrano essere molto lontane da queste tematiche.
A fine 2022, ci spiega Marco Merola, è stato approvato il Piano Nazionale di Adattamento al Cambiamento Climatico che a suo parere, a differenza di quello stilato in altri Paesi dell’UE, non fornisce misure e linee guida adeguate e razionali rispetto alla gravità della crisi climatica in atto.
L’impressione è che si stia ancora sottovalutando il problema, messo a margine nell’agenda politica di chi, prima o poi, dovrà fare i conti con la gestione dell’emergenza che, oltre a costare caro alle casse degli italiani, costa spesso vite umane innocenti. Si’ perche’ siccita’ e alluvioni sono due facce della stessa medaglia, due effetti disastrosi del clima che sta cambiando. Basti pensare, per vicinanza geografica, emotiva e temporale, all’alluvione ad Ischia nel novembre 2022, e quasi in contemporanea, seppur con una portata diversa, in Cilento.
L’elenco di eventi catastrofici legati a nubifragi, esondazioni, alluvioni è sempre più fitto e sarà destinato a crescere se non si deciderà di investire su politiche di adattamento ai cambiamenti climatici in corso. Non solo piove poco ma piove male! Assistiamo sempre più spesso a fenomeni atmosferici violenti, precipitazioni non più distribuite in un arco temporale più o meno lungo ma concentrate in pochi giorni, a volte ore, con conseguenze devastanti sul territorio. E se a questo si uniscono l’avanzamento dell’urbanizzazione, il disboscamento, l’utilizzo di fertilizzanti chimici nei terreni agricoli, l’ostruzione degli alvei di fiumi (giusto per citare qualche fattore di rischio), è chiaro che tutta l’acqua in eccesso è devastante.
Lo stoccaggio dell’acqua in contesti urbani e agricoli
Dunque, perché non fare di una minaccia un’opportunità? Anziche’ disperdere la risorsa idrica in caso di pioggia, perche’ non raccoglierla adeguatamente? È quanto è stato fatto in Olanda, Paese già molto all’avanguardia sul tema della gestione dell’acqua. “Le water squares di Rotterdam – spiega Marco Merola – sono delle piazze a tutti gli effetti che, grazie a fori e pendenze, sono in grado di stoccare acqua piovana in un un tank sotterraneo e quell’acqua viene poi riutilizzata all’occorrenza per l’irrigazione del verde urbano”.
Perché non dotare le piazze italiane di questa semplice quanto essenziale soluzione architettonica in previsione della scarsità d’acqua nei mesi più caldi?
Qualcosa di analogo, ma in ambito agricolo, è quanto propone di realizzare Roberto Braibanti, Presidente GEA ETS e Biodiversity Manager, avvalendosi di quanto gia’ accade in Israele da almeno 30 anni. A ridosso delle campagne, la possibilità di raccogliere acqua piovana in piccoli bacini idrici collegati tra loro da canali, è una valida soluzione per avere sempre a disposizione la risorsa principale per l’irrigazione dei campi, anche nei mesi più caldi. Da qui la necessità di dividere le acque bianche dalle acque nere affinché le prime possano defluire in bacini di stoccaggio piuttosto che disperdersi in mare.
Inoltre, l’ottimizzazione della rete idrica del nostro Paese per Braibanti è un’altra priorità per ridurre gli sprechi dell’oro blu. “In Italia – spiega – perdiamo il 40% dell’acqua, con picchi in Sicilia intorno al 60%, per tubature non più idonee e andrebbero sostituite”. E Napoli non si allontana tanto dal panorama nazionale: si attesta al 38% l’acqua persa a causa dell’obsolescenza dell’infrastruttura idrica. Una situazione che non possiamo proprio permetterci!